SOGGETTIVARE PER DE-SOGGETTIVARE – Intervento
San Marcello 29/09/2023 – Intervento all’incontro su “I Disturbi del Comportamento Alimentare: la cura di un’epidemia sociale”.
Vengo a parlarvi, in conclusione di questo incontro in cui si è fatto un po’ il punto sullo stato dell’arte dei percorsi di cura, sulle difficoltà ma anche sui meriti, sulle cose riuscite, sull’impegno sempre presente da parte di tutti gli attori in campo per affrontare questa piaga sociale, questa epidemia appunto come recita il titolo e come abbiamo sentito dalle descrizioni e dai numeri presentati dai colleghi, vengo a parlarvi di quello che è il ruolo e il posto degli Enti del Terzo Settore che, come Associazione Heta, rappresentiamo qui e al tavolo di coordinamento regionale.
La nostra è un’Associazione di Promozione Sociale e insieme alle Organizzazioni di Volontariato, rappresentiamo gli assi portanti degli Enti che sono rientrati nell’ambito della relativamente recente riforma del Terzo Settore, riforma che assegna un ruolo nuovo e più definito alle associazioni e al mondo appartenente a quella cerniera tra il pubblico e il cittadino.
Uno degli assi portanti della riforma è legato all’azione di co-progettazione e co-programmazione prevista tra le istituzioni pubbliche e gli Enti del Terzo Settore (o meglio in particolare proprio alle APS e alle ODV) di modo che, da un lato, la politica e gli enti statali possano recepire prima e meglio le istanze “dal basso” come si suol dire e, dall’altro, possano essere formalizzate le azioni necessarie a permettere che questa cerniera operi un punto di sutura e ci siano più forze in campo coordinate tra loro.
Anche all’interno della Legge 40 dell’agosto 2020 che riguarda appunto le “Disposizioni relative alla presa in carico delle persone con disturbi della nutrizione e dell’alimentazione o del comportamento alimentare” gli enti del terzo settore sono nominati come partner attivi della rete e possono agire in regime di convenzione. Non dubito quindi che arriveremo a rendere possibile una integrazione effettiva che esalti le peculiarità di ciascuno e permetta una presa in carico più armonica e completa per i pazienti. Dal canto nostro lavoriamo incessantemente perché questa cosa si realizzi e affinché le persone che fanno rifermento alle associazioni che rappresentiamo nelle Marche possano trovare risposte alle giuste domande.
Ma parlare di Enti del Terzo Settore è ancora un po’ come parlare del Terzo Mondo.
Non so se è un’espressione che è più in voga ma denota bene quello che è il mondo del terzo settore, il terzo mondo del terzo settore: un ambito, liberatosi da poco dalla schiavitù e in via di sviluppo che in qualche modo anela a diventare come l’occidente, almeno questo dagli occhi di chi guarda dall’esterno, anche se in realtà funziona meglio nel momento in cui mantiene la propria dignità e individualità senza assoggettarsi a mondi altri e con logiche diverse dal proprio.
Il Terzo Settore è però in effetti un po’ la cenerentola della situazione se pure raccoglie tutte le persone che ruotano attorno alle problematiche di cui ci si occupa, in questo caso i disturbi alimentari, e dunque ci sono i pazienti, i genitori in gran numero, gli operatori extra medicali. Il lavoro interno ed esterno alla rete, in cui poter operare proprio a partire da principi extra medicali e orientati al depatologizzare e deostruire il sintomo, sono compito precipuo delle Associazioni che, come il Centro Heta, lavorano sul territorio accogliendo le domande di prevenzione e trattamento e intervenendo con il disagio senza categorizzazioni o valutazioni diagnostiche. In generale riteniamo che si tratti di riformulare il discorso sui disturbi alimentari, è una cosa che ripetiamo spesso, creare un nuovo paradigma perché come sappiamo è la parola che crea la cosa.
Vi porto due esempi dirette che possono dipanare un po’ questo aspetto.
Qualche mese fa io e il presidente di Heta siamo andati a visitare una ipotetica nuova comunità sui disturbi alimentari rivolta ai minori. Una struttura che è in piedi da diverso tempo e che, al di là del fatto che probabilmente non vedrà mail la luce, è pronta, praticamente finita. Ma chiusa, non ancora autorizzata o convenzionata.
Ora, nel fare il giro della casa, ci siamo entrambi meravigliati, tanto per fare un esempio, del fatto che le stanze in cui dovrebbero alloggiare questi futuri ragazzi siano già tutte perfettamente ordinate secondo quello che è uno schema ormai riconosciuto nel campo dei DCA e cioè sono stanze con pareti, mobili e addirittura scritte sui muri (scritte filosofiche diciamo inneggianti alla vita) tutte di colore Lilla che è il colore DOC dei disturbi alimentari (vedi giornata del fiocchetto lilla). C’erano addirittura dei vasi con fiori secchi sempre di colore lilla. Tutto pronto per accogliere una persona, un ragazzo o una ragazza con disturbi alimentari. Lo spazio è stato costruito secondo questo codice. Se dovesse diventare una struttura per tossicodipendenti, tanto per fare un esempio, sicuramente dovrebbero rivedere i colori, le scritte, l’ambiente.
Ora, se tutto questo restituisce all’inizio una sorta di coerenza e accoglienza anche, in realtà pone un vincolo, il vincolo di un discorso già precostituito, catalogato, nominato, un discorso che va a rinforzare invece che diluire, sciogliere, aprire.
Pensare che queste operazioni siano indifferenti, che non abbiano un peso o anzi che siano giuste perché danno un posto socialmente condiviso è indicativo di come tutti noi, nel tentativo di offrire un riconoscimento, non facciamo che confondere il piano immaginario, speculare, con quello simbolico elaborativo rischiando di diventare conniventi con il sintomo che di suo è già altamente uniformante, conformante, performante.
Presupporre un soggetto anche là dove nella “realtà” si presentifica un corpo auto martoriato, o si assiste impotenti alla serialità di un comportamento o un’ideazione ossessiva, vuol dire offrire già un posto al di là, posto che potrà eventualmente essere abitato, o anche no, non è compito nostro deciderlo, ma certamente è compito nostro offrire una condizione o precondizione alla cura e non rimanere bloccati dentro schemi preconfezionati.
Capite bene come questo discorso può essere esteso a tutto l’ambito del trattamento con i DCA o DNA come sono definiti oggi, e qui anche sulle definizioni del sintomo potremmo aprire un enorme capitolo sia relativamente a questi passaggi linguistici per nulla indifferenti per cui si è passati appunto dal Disturbo del Comportamento Alimentare a Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione con uno slittamento dal comportamento a una centratura sulla Nutrizione, quando poi andiamo tutti, o quasi tutti dicendo che non si tratta di un problema di cibo, corpo peso ma di un disagio sottostante o sovrastante direi meglio.
La parola Disturbo comunque è rimasta fissa se pure anche qui non possiamo propriamente parlare di disturbo dato che spesso le uniche a essere disturbate (e angosciate) sono le persone attorno a chi soffre di questi problemi.
Certamente il sintomo alimentare non è un disturbo per il soggetto, per il paziente, rappresentando altresì una cura. Al limite lui viene disturbato dagli altri, che insistono perché si curi, che desiderano che torni alla normalità, che non lo lasciano fare nel suo particolare sistema di accomodamento sintomatico.
Anche qui perché allora non giocare con i significanti, mischiare le carte, mobilizzare i discorsi, aprire a nuove possibilità e inventarci altre tassonomie, altre siglature, altri acronimi.
DCA può diventare allora
Di Come Abituarsi
Deserti Continui Assistiti
……
E DNA
DoNotAgree
DoNotAccept
DoNotAdmit
DoNotAdopt
L’altro esempio, viene invece da un tentativo di scardinare un po’ i linguaggi precostituiti ed è una piccolissima prova che abbiamo fatto a Heta, in un gruppo di lavoro denominato “gruppo libro” in cui abbiamo fatto il tentativo di fare un questionario non prestabilito partendo da parole con doppi sensi a cui hanno lavorato, insieme, ragazzi e operatori (e da noi spesso non si distinguono i pazienti e gli operatori) per diverso tempo fino ad arrivare a questa proposta condivisa, certamente imperfetta, ma non è questo il punto. L’idea era come parlarne senza nominarli, come entrare nel tema aprendo alla possibilità di starne già fuori. Vi invito pertanto a compilare anche voi questo “questionario”: Il Tempo del Te
Quando si parla dei “disturbi del comportamento alimentare”, gli stereotipi girano sempre intorno agli stessi modelli, incanalando il linguaggio in un vortice di ripetizioni anonime.
All’interno di un progetto editoriale della rete DAMA abbiamo ideato delle frasi che possano rimandare a più sfaccettature di una realtà complessa, per incrinare gli specchi e vedere oltre, cercando così di individuare quei linguaggi che rappresentino i soggetti nella loro singolarità.