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I DCA – Infanzia, adolescenza, età adulta

I disturbi del comportamento alimentare sono patologie complesse che riguardano solo apparentemente un disagio del corpo e della funzione alimentare, ma hanno piuttosto a che fare con uno stato di malessere e difficoltà profonda della persona.

L’anoressia e la bulimia colpiscono a tutt’oggi prevalentemente il sesso femminile (circa 90%) pur essendo in grande aumento negli uomini. Insorgono nella maggioranza dei casi durante l’adolescenza anche se l’eta’ di esordio della malattia si sta abbassando e, attualmente, si riscontrano sempre più casi nell’infanzia e nella pubertà (anoressia 0.3%, bulimia 1%, altri disturbi 6%).
In Italia si e’ stimato che la prevalenza di anoressia e bulimia, tra le donne di eta’ compresa tra i 15 e 24 anni, e’ di circa 65.300 casi, pari al 1.5% e che l’incidenza e’ di 15 casi per 100.000 abitanti, pari a circa 8.500 nuovi casi all’anno.
Estendendo tali dati alla Regione Marche, la cui popolazione residente e’ di 1.504.827 unita’, di cui 72.559 femmine di eta’ compresa tra 15-24 anni, si stima un tasso di prevalenza di circa 1100 casi e di incidenza pari a 225 casi l’anno. Tuttavia tali stime sono da considerare in difetto in considerazione, sia dei casi che colpiscono l’eta’ infantile (10-14 anni), sia dei casi subclinici e del sommerso. Inoltre, il Ministero della Salute ha riscontrato che in Italia le percentuali di sovrappeso (21-27%) e di obesità (7-11%) sono le più alte d’Europa.

L’intervento nell’infanzia
I bambini, nel corso del loro sviluppo, possono manifestare problematiche diverse rispetto al cibo che rappresenta, da subito, un momento privilegiato nel rapporto con l’altro familiare e con la relazione d’amore. Nell’atto nutritivo non si esplica solo un dovere biologico, ma si esprime un linguaggio affettivo che fa della nutrizione una prima forma di comunicazione con l’Altro.
I bambini possono dunque manifestare in via privilegiata attraverso il cibo un disagio che riguarda sempre altro dall’alimentazione. Possono ad esempio riversare nel cibo sentimenti di rabbia o gelosia che li portano a reagire in maniera diversa dal solito o a rinforzare comportamenti di rifiuto e sfida, ma anche presentare blocchi sintomatici sul cibo in determinate fasi dello sviluppo sia fisico che relazionale quali ad esempio lo svezzamento o l’entrata nel mondo della scuola. Queste manifestazioni devono ritenersi transitorie, ma costituiscono comunque dei campanelli d’allarme da prendere in considerazione.
Altre volte possono essere presenti difficoltà più importanti rispetto all’alimentazione sia nel senso dell’evitamento del cibo: (alimentazione selettiva, fobia del cibo, anoressia infantile), sia dalla ricerca smodata (iperalimentazione compulsiva, sovrappeso e obesità psicogena).
Si cerca allora, soprattutto con un percorso di coinvolgimento dei genitori e delle figure di riferimento del bambino, di approfondire le cause scatenanti il problema e di aiutare i familiari a superare il momento di crisi accogliendo le istanze profonde della domanda soggettiva del bambino. Si cerca anche di evitare la medicalizzazione e la psicologizzazione del disturbo e di intervenire senza far sentire il bambino malato, strano o diverso, ma offrendo la possibilità di un luogo di elaborazione della difficoltà attraverso il gioco e l’ascolto.

L’intervento nell’adolescenza
La pubertà e l’adolescenza rappresentano un momento in cui spesso, a entrare in crisi, è il corpo prima del cibo. I cambiamenti legati alla crescita, la fatica di relazionarsi con un corpo sconosciuto di cui spesso si percepisce il peso improvvisamente, la preoccupazione e il pensiero per la propria immagine corporea e per l’effetto che provoca negli altri, possono favorire l’utilizzo difensivo del cibo e l’emergenza di una problematica alimentare che può rivelarsi anche molto seria (anoressia, bulimia, ossessività verso il cibo).
L’inizio a volte è subdolo e legato a episodi non subito riconducibili a una difficoltà in ambito alimentare. Spesso è in coincidenza di un cambiamento dovuto a situazioni esterne e non controllabili: cambiamento della scuola o dell’abitazione, separazione dei genitori o modifica delle condizioni economiche della famiglia. Sovente a segnare il passo è la rottura di un legame affettivo (perdita di un familiare, rottura di un’amicizia importante o di una relazione amorosa).
In queste situazioni di crisi, e in un momento in cui è difficile fare appello all’altro familiare che viene spesso visto più come un nemico che come un sostegno, qualcosa fa nodo. Così si finisce per difendersi tramite cibo; il rifiuto dell’oggetto cibo provoca una falsa padronanza della situazione che favorisce l’idea illusoria di non avere bisogno di niente e di nessuno, di riuscire farcela da soli. Altre volte il cibo può diventare l’unico amico e sostegno, il rifugio su cui appoggiare qualsiasi frustrazione e difficoltà, ed invade il campo a volte quasi alla stregua di una droga.
E’ allora importante superare la propria reticenza e darsi la possibilità di farsi aiutare per fermare il circolo vizioso che la risposta sintomatica mette in atto anche al di là della propria volontà e per lavorare attorno alle questioni profonde della propria identità e del proprio essere sessuato.

L’intervento nell’età adulta
Nell’età adulta i disturbi alimentari possono manifestarsi sia come conseguenza di una problematica con il cibo non risolta in precedenza e “cronicizzata”, sia come una totale novità o comunque qualcosa di cui non ci si era resi conto della portata tanto era stato tenuto sotto controllo.
Le richieste di aiuto vengono spesso da persone che da anni soffrono di sintomatologie alimentari importanti (bulimia, obesità, alimentazione incontrollata, anoressia cronica) e che hanno fatto percorsi terapeutici di ordine psicologico o nutrizionale di tipo “mordi e fuggi”. Altre persone hanno sempre rifiutato un aiuto e hanno negato il problema o tentato di risolverlo da sole. Per altre ancora il problema alimentare era talmente integrato nella loro economia di vita che non lo hanno considerato tale quanto una modalità individuale da non trattare come una patologia. Ci sono poi anche situazioni in cui la risposta al disagio attraverso il cibo sembra arrivare in età adulta, a volte anche in un’età avanzata, come una novità e non come una modalità conosciuta di reazione.
Una battuta d’arresto, una relazione interrotta, un cambiamento nel corpo che, a volte, può presentarsi anche in maniera subdola, sono tutti fattori scatenanti. E questo è valido sia negli uomini che nelle donne. In tutti i casi di disturbo alimentare in età adulta si tratta comunque di andare oltre quello che si manifesta e analizzare in maniera puntuale sia il momento di inizio che i vari legami con le situazioni ambientali e relazionali che il disturbo presenta nella vita del soggetto. Si tratta finalmente di dare voce a quello che è stato sempre messo a tacere, nascosto, inascoltato e aiutare la persona a innescare meccanismi di cambiamento.